Due gare per decidere il futuro di Gilardino, a Parma con poche alternative
Ci sono problemi che un allenatore gradirebbe dover affrontare. Ad esempio il varo della formazione, scegliendo in un ampio ventaglio di alternative. Ebbene, Alberto Gilardino, in vista del delicatissimo posticipo a Parma, lo ha già risolto senza neppure porselo. Sì perché sembra proprio che medico e preparatore atletico non gli propongano qualche nome nuovo da aggiungere a quelli, numericamente contatissimi, delle ultime partite.
In teoria, Bani è clinicamente disponibile e ha pur guadagnato un po’ di autonomia atletica: va pertanto posso in ballottaggio con il giovane Matturro, ma tra parentesi, come seconda soluzione, data la paura che i suoi muscoli di cristallo presentino qualche ulteriore venatura. Comunque, non è dalla terza linea che affiorano preoccupzioni esistenziali: il reparto, tutto sommato, regge, pur senza riuscire ad offrire da mesi un corroborante “cleen sheet”.
E’ in altre zone del campo che l’allarme continua a suonare assordante. A centrocampo i giocatori affidabili sono sempre gli stessi, dopo aver visto all’opera Bohinen, Miretti e Melegoni. Tanto che Gila si deve aggrappare al suo allenatore in campo, capitan Badelj, chiedendogli gli straordinari e augurandosi di poterlo mantenerlo nel fuoco vivo il più a lungo possibile. Quando il croato alza il braccio della resa, il gioco va a farsi benedire e il gruppo si squaglia. Dunque, lunga vita a Milan e ai dioscuri che lo sorreggono: Frendrup e Thorsby.
Sulle fasce qualche c’è qualche scelta in più, ma nessuno degli specialisti risulta mai decisivo in senso favorevole. E’ doveroso insistere su Sabelli, che in fatto di generosità è uomo da podio, e Martin, che almeno qualche pallone in area è in grado di indisrizzarlo. Zanoli può subentrare in corso d’opera come guastatore, ma alla falcata sciolta non sta abbinando la necessaria qualità nella metà campo avversaria.
Infine l’attacco. Gira che ti rigira il mister deve ancora affidarsi all’acciaccato Pinamonti, chiedendogli di rendersi utile anche nel primo tempo, e al vivacissimo Ekhator, che a 18 anni da compiere avrebbe bisogno di irrobustirsi ulteriormente e amministrare meglio le forze, così da evitare crolli atletici alla distanza. D’altronde, Pereira ha nelle gambe un esiguo spezzone di partita e Masini è un incursore di gamba scuola ma non uno stoccatore. Entrami potranno venire utili nel finale, se proprio si dovessere smuovere le acque.
E Balo? Il suo nome riempie paginate di giornali e calamita sulla Genova rossoblù un’incredibile popolarità indiretta, ma aspettarsi miracoli da un potenziale campione arruginito da mesi di blandi allenamenti svolti in solitudine è un insulto alla logica, Supermario è arruolato ma quanto abile al momento attuale? Vale la pena concedergli una passerella nei minuti finali qualora l’altro coloured, che potrebbe quasi essere suo figlio, dovesse trovarsi col serbatoio secco? Il popolo genoano non avrebbe dubbi a rispondere affermativamente, ma sono innumerevoli le considerazioni da fare.
Di sicuro, Gilardino non si sta giocando solo la reputazione personale, ma anche la panchina. Gi restano due colpi da sparare, al Tardini e in casa col Como: dovesse fallirne anche un solo, il suo destino sarebbe segnato. Di fronte a numeri così miseri, anche il meno colpevole di questo andazzo, ma il solo sostituibile, perderebbe il posto.
Si parla di Zio Balla come del primo della lista di potenziali sostituti. E qui consentiteci una diversione gonfia di perplessità: il Genoa, se caccia un difensivista ad oltranza, non può puntare su un tecnico aduso a piazzare il pullman davanti alla propria porta. Serve un mister più coraggioso e votato all’offesa per provare a voltare pagina.
Confidando nel colpo d’ala gilardiniano in terra emiliana, riconosciamo che si tratterebbe di un’impresa. I ducali, forgiati a dovere da Fabio Pecchia, hanno già assorbito i classici handicap delle matricole e si stanno imponendo come una felicissima realtà del campionato. Ad essere pignoli, concedono qualcosina di troppo in fase difensiva e spesso vengono puniti, ma è un rischio calcolato quando dalla cintola in su pullulano i talenti, parecchi abbastanza giovani e tutti che al pallone danno del “tu”, compreso quel Bonny, prima punta, che ad onta dei 190 centimetri ha movenze morbide ed efficaci.
Il 4-2-3-1 è un vestito perfetto per Keita e Bernabé, i due fari della mediana, al servizio di un trio di rifinitori composto dal centrale Sohm e dai laterali Man e Cancelleri. Senza contare che dalla panca il trainer crociato potrebbe pescare talenti come Mihaila ed Estevez, che nelle file rossoblù sarebbero titolari inamovibili.
Il Parma ha pareggiato gli ultimi quattro metch, compreso l’ultimo nella Torino bianconera, dalla quale è tornato con più rimpianti che gioie. Il suo calcio spumeggiante è garanzia di spettacolo, ma qualche difettuccio non manca: in primis l’incostanza, che emerge da una gara all’altra e a volte anche nei vari momenti di un unico match.
Il Genoa è abilissimo a far giocare male qualsiasi avversario, ma un pregio così raro non può bastare quando l’altra fase, quella propositiva e realizzativa, è inadeguata per mancanza di tecnica pura. Sinora la vittoria è arrivata solo a Monza, quando i rossoblù hanno colpito per primi. Sarebbe l’ora di fare il bis senza attendere uno schiaffone in pieno viso per provare a far fortuna nell’area dei rivali.
PIERLUIGI GAMBINO