Il Genoa ritrova lo spirito e gli applausi ma non basta
Al Genoa resta in bocca la consueta litania: “Meritavamo di più”. La sua gente, ignorando per un attimo la terribile classifica, al fischIo finale chiama tutti i suoi ragazzi sotto la gradinata per tributarle un fervido applauso. La prestazione però non è bastata a frenare una discesa verticale verso gli inferi.
Una pallida Foorentina, priva del grande ex Gudmundsson e del centravanti titolare, Kean, giochicchia senza incidere granché e per il portiere rossoblù Leali la serata è estremamente comoda. Ma quando la superiorità tecnica dei singoli è marcata, basta un assalto neppur troppo veemente per passare all’incasso. La condanna arriva in mischia, con Gosens, che è stato nazionale tedesco, capace di accalappiare un pallone complicato speditogli da Beltram e vincendo un contrasto areao infilare la sfera nell’angolo. Corre il 72′ e sino a quel momento il pareggio pareva impresso nella roccia, il logico verdetto salomonico tra due team con le polveri bagnatissime.
Una formazione da Europa League però il colpo decisivo lo può sempre trovare, mentre è più raro che accada alla classica provinciale, che fa le pentole ma non i coperchi. Come dimenticare l’ignobile ciabattata di Sabelli nel primo tempo, finita fuori con tutto lo specchio libero? E l’egoismo di Pinamonti che nella ripresa, con un compagno solo soletto a cinque metri, invece di servirlo, si gira scompostamente e sparacchia la sfera addosso al difensore più vicino? E in quante altre circostanze il Grifone, sospinto da ua feroce determinazione e dallo spirito dei giorni migliori, ha recuperato palla sulla trequarti rivale per poi sciupare tutto con una rifinitura errata o con un’imcomprensione?
Stavolta, almeno in merito all’undici di partenza, con il quasi diciottenne Ekhator al posto di Pinamonti e Thorsby a far legna a centrocampo, nulla si può rimproverare a mister Gilardino. Il ragazzotto si batte con vivacità e spirito di iniziativa, pur non affrancandosi da qualche ingenuità, ma tutta la squadra (forse eccettuato un Pinamonti sempre indietro di un giro) si batte con ardore esprimendo pure un apprezzabile ordine tattico.
Nella ripresa la Fiorentina sale appena di tono ma sino all’ingresso di Adli per il macchinoso Richardson non brilla e non crea disagio alla difesa locale. Alla distanza, tuttavia, prende un po’ più di campo, forse sfruttando anche la comprensibile stanchezza dell’ex Badelj (recuperato in extremis), il più vecchio in campo, e di Ekhator, il più giovane. Tuttavia, con quei due nell’agone, lo 0-0 non si era sbloccato.
Sarà anche un caso, forse la Viola avrebbe prima o poi trovato ugualmente il varvco vincente, ma appena Gilardino ha immesso Miretti per il capitano e Masini per il bocia, avanzando Thorsby all’altezza di Pinamonti, si è rivisto il Genoa col braccetto corto, tutto raggrumato davanti a Leali, senza un solo attaccante in grado di tenere indietro i difensori toscani, subito diventati centrocampisti aggiunti. Immediato, ecco il vantaggio viola, quasi a punire quel ritorno gilardiniano al passato più triste.
Naturalmente, come in mille altre circostanze, appena è arrivato lo schiaffone, il Genoa l’ha messa sulla bagarre e finalmente ha provato a chiudere i rivali nella propria area, riuscendoci almeno in parte. Purtroppo, il disperato serrate, cui hanno trecipato pure i subentrati Zanoli e Gaston Pereiro, non è stato baciato dal destino. Sì perché è anche jella trovarsi di fronte un titanico De Gea, probabilmente il miglior portiere del campionato, capace di dire di no due volte a Pinamonti e di volare sulla propria sinistra al 91′ per svellere dall’angolo un’inzuccata di Vasquez degna di miglior sorte.
Il pari sarebbe stato un premio più che legittimo per un Grifone indomito, ma qui si torna all’assunto iniziale: puoi anche giocare alla pari o meglio di uno squadrone, ma quando latita il talento finisci per lanciare maledizioni e soccombere.
PIERLUIGI GAMBINO