Novembre 22, 2024

A Marassi il “vuoto” sugli spalti ma anche in campo

Stadio Ferraris

Due reti incassate in laguna, una ma pesantissima nel derby e altre tre a petto di Madama. Il Genoa si è liquefatto e non dà più segni di vita. A Marassi, in un’atmosfera spettrale, si è patito un “vuoto”ovunque: sugli spalti, lasciati spogli dal provvedimento prefettizio, e anche in campo, dove in rossoblù si è esibito il simulacro di una squadra di calcio. 

Per mezza gara, Grifone in partita, ma anche grazie ai limiti di un avversario partito col freno tirato e mai convincente neppure nel prosieguo, caratterizzato da un possesso di palla fine a se stesso. Gilardino non poteva che sguainare l’unica arma rimasta in un arsenale pressoché vuoto considerati gli infortuni in serie e la smobilitazione societaria: la robustezza difensiva. Anzi, nei minuti iniziali proprio il suo Grifo, condotto per mano da Miretti – all’esordio assoluto in campionato – appariva più intraprendente. Fuoco fatuo, seguito da un’interminabile fase di titit-titoc bianconero, contrastato con fatica crescente da un avversario presto acquattato a difesa del fortino: secondo tradizione di quasi tutti i primi tempi condotti dall’undici di Gilardino. 

Vitinha, atteso sempre ad uscire dalla crisalide, ha confermato il suo momento-no che inizia a far pensare ad un’inadeguatezza assoluta: neppure un’iniziativa apprezzabile o un pallone tenuto per far respirare la retroguardia. Vero che battersi contro “muri” del calibro di Bremer e Danilo, ma aggungeremmo pure Kalulu, non è compito semplice, ma il “nulla” registrato non si può accettare. Pinamonti, se non altro, si è battuto, cercando pur improbabili sponde, ma pure lui è stato sovrastato fisicamente e soffocato, anche per mancanza di autentici aiuti. 

Quando, al 25′, Badelj ha chiesto il cambio per una noia muscolare (l’ennesima in quest’annata travagliatissima del Grifo) è calata la notte, visto che Bohinen ha mostrato lo stesso passo ma parecchia lucidità in meno del croato.

Se non altro, la Maginot pareva tenere, anche se verso l’intervallo il sedicenne Ahanor, preferito a Martin come inquilino di fascia sinistra, iniziava a perdere le tracce dell’emergente Gonzalez. Al fischio finale, Gollini aveva compiuto una respinta di pugno, ma senza una sola vera parata: merito di compagni attenti, ma anche di una manovra juventina macchinosa e inconcludente.

Appena riprese le ostilità, ecco la frittatona che avrebbe deciso il match e trasformato la rimanente porzione di gara in una via crucis. Sarà anche un gesto istintivo,quel tocco di braccio al pallone da parte di De Winter, ma resta imperdonabile e ripropone l’antico quesito riguardo all’affidabilità del belga, in costante altalena tra prestazioni felici e altre macchiate inesorabilmente.

Lo 0-1 era una condanna, un verdetto inappellabile per un Genoa inerme e imbelle dalla metà campo in su. A chi affidare la riscossa? Non certo alle punte, ma neppure ai centrocampisti, imbarazzanti nel tentativo di costruire gioco. Gara segna con ampio anticipo: figuriamoci dopo il raddoppio dello scatenato Vlahovic, l’ennesimo personaggio che il Grifone ha risvegliato da un lungo torpore. Quel suo perfido doagonale è stato talmente apprezzabile per potenza e precisione da far passarein secondo piano il ritardo di Bani nella chiusura.

La successiva girandola di sostituzioni, su entrambi i fronti, era il sigillo ad un match ormai archiviato. Dopo Ahanor, Gilardino concedeva un’altra chance al discusso Matturro, rilanciava Ankeye (bravino nel derby) e regalava l’esordio ad un altro Under 20, Kasa, la cui bordata troppo centrale per impensierire l’ex Perin è stata, per la cronaca, il primo tentativo operato dal Genoa nell’intero match. Ma correva già l’80’ e nel frattempo la Vecchia Signora, riveduta e corretta da Thiago Motta, aveva timbrato la travera con Koopmeiners. Più tardo, cad addolcire la pillola hanno provato vanamente Bohinen e Pinamonti, ma ad andare a bersaglio riuscivano ancora gli ospiti con Conceicao, risolutore senza più opposizione.

Sembrerà un controsenso, ma il punteggio finale appare il minore dei problemi. E’ la prova complessiva – ma in specie quella del secondo tempo – a procurare desolazione e paura in un ambiente non certo preparato a certe indicibili sofferenze. I ragazzi di Gila si sono risparmiati una sonora fischiata da parte di uno stadio intero, ma è magrissima consolazione. E ora anche il mister di Biella, impegnato più a lanciare messaggi perentori alla società con il suo insistente ricorso ai giovani che a conferire un’impronta reale di gioco, è finito sulla graticola.

                 PIERLUIGI GAMBINO

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