Settembre 21, 2024

Un sabato… di vacanza senza nulla da salvare

L’estate ci ha salutato lasciando in casa Genoa un mare di problemi. I rossoblù affondamo miseramente in laguna, perdendo parecchie delle proprie convinzioni oltre alla partita e, chissà per quanto – un punto fermo come Malinovskyi, vittima di un infortunio da brividi alla caviglia.

Per fortuna le venete di serie A sono finite, ma se col Verona i rossoblù avevano perlomeno slvato l’onore, stavolta – infortunio dell’ucraino a parte – non meritano neppure le attenuanti generiche.

Conoscendo doti e difetti del Grifo, non appare contraddittorio che siano arrivati due pareggi dalle gare con Inter e Roma e che due provinciali modestissime – in specie questo Venezia – maramaldeggiassero beatamente.

La presenza del Genoa allo stadio di Sant’Elena è praticamente durata una ventina di minuti, durante i quali – a fronte di un pericolo corso in difesa e sventato da un felino Gollini in uscita – il gioco era apparso accettabile, il dominio territoriale netto, e pazienza se l’inedito duo in avanscoperta, formato da Ekuban e Vitinha, sparasse regolarmente a salve. Se non altro, il portoghese pareva propositivo, vivace, brillante, seppur sterile, mentre il coloured è partito malissimo ed ha continuato peggio, offrendo una prova disastrosa.

A metà tempo il Grifo ha iniziato a sfarinarsi, ma già in precedenza qualche smagliatura in retrovia l’aveva esibita, soprattutto nei paraggi di De Winter, l’eroe della settimana prima: il suo avversario diretto, l’americano Busio, apparso imprendibile, dopo aver impervesato sulla fascia graziava Gollini di testa verso l’intervallo.

A metà gara lo 0-0 era strettino ma non umiliante per i veneti. Il bello però doveva ancora venire. Il gravissimo incidente di gioco occorso in avvio di ripresa a Malinovskyi non solo privava Gilardino di uno dei calciatori meno deludenti, ma provocava una sorta di schock nei rossoblù. Il trainer, memore del match contro la Lupa, stravolto positivamente dai cambi operati dopo l’intervallo, sostituiva il povero Ruslan con una terza punta, conservando però il tridente arretrato. La nuova formula tattica – un 3-4-3 forse tropppo osée per una squadra che stava soccombendo quanto a dinamismo e compattezza – si è presto rivelata una jattura. Sfruttando praterie infinite a centrocampo, dove Badelj e Frendrup erano aggrediti da un nugolo di avversari – il Venezia dilagava. La prima occasionissima – un rigore provocato da una scelleratezza di De Winter, nuovamente in netto ritardo su Busio – veniva cancellata da un magico tuffo di Gollini sulla propria destra. 

Ma il destino appariva ugualmente segnato, anche se la dinamica del vantaggio arenacioneroverde è stata frutto di casualità più che di merito: quel pallone perfido giunto da sinistra e non intercettato da Vasquez, si infilava nell’angolo opposto, senza che Gollini, forse non inappuntabile, riuscisse a smanacciarlo in tempo. 

Correva il 63′ e c’era dunque tutto il tempo per riemergere. Pia illusione: nessun segno di vita da parte di un Genoa inerme, caratterizzato da un centrocampo scarsamente dinamico e da un terzetto di punte poverissimo di iniziative e soprattutto di tecnica. Così la retroguardia lagunare, che ne aveva incassate quattro a San Siro, non ha corso un solo rischio, e a nulla sono approdati gl ingressi di Zanoli,(subito dopo il penalty fallito), Thorsby (inutile quando in area non arrivano palloni alti) ed Ehator. 

Come ciliegina su una tortatossica, ecco nel finale Yeboah indirizzare la palla del raddoppio verso Pohjanpaolo, reduce sì da un periodo difficile, ma parliamoci chiaro: un centravanti così il Grifo se lo sogna.

Ed ora ci mancava il derby, appuntamento del quale tutto il clan genoano avrebbe volentierissimo fatto a meno. Morale sotto le suole, fisico ferito e all’orizzonte la sfida contro la Juve. Qui, caro Gila, si parrà la tua nobilitate.

                       PIERLUIGI GAMBINO

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