Novembre 24, 2024

GENOA, CON  I VECCHI DIFETTI SENZA PIU’ GUDMUNDSSON A MASCHERARLI

I “se” e i “ma” popolano anche i commenti di calcio. Così è lecito chiedersi se Martinez avrebbe deviato in modo meno maldestro rispetto a Gollini il cross di Lazovic dal quale è scaturito il primo gol veronese. E con Retegui per Pinamonti, il Grifo avrebbe tentato più frequentemente la conclusione? Retorico è invece il quesito che ci si può porre riguardo a Gudmundsson e a Vitinha, visto che il portoghese in tre gare di campionato ha firmato solo quel numero da foca nel recupero con l’Inter, eclissandosi in ogni altra circostanza. Di contro, le gare come quella col Verona erano l’ideale per l’islandese, aduso a mascherare gli antichi e mai risolti difetti del Genoa con qualche giocata delle sue. Ovvio che ieri i trentamila di Marassi rimpiangessero enormemente il beniamino emigrato nel Granducato e malamente sostituito.

Il giochetto di cui sopra vale anche per gli episodi, tutti negativi, che hanno punteggiato la prestazione dei rossoblù. Come sarebbe finita se Vasquez, nel primo tempo, invece di scheggiare la traversa, avesse infilato Montipò? E se Messias, dopo un mirabolante “sombrero”, non avesse sciupato a lato un’esecuzione ben più agevole ripetendosi qualche minuto più tardi, sullo 0-1? 

Il clan rossoblù piange calde lacrime, ma il suo primo rovescio stagionale non è solo figlio della casualità.  Il problema è che ogni qualvota l’avversario di turno, invece di attaccare, resta quatto quatto nella propria metà campo lasciando a Badelj e compagni il pallino del gioco, si mette male per il Grifo. Contro difese schierate è la solfa di sempre: manovra lenta, macchinosa, prevedibile, senza sbocchi sulle fasce, dove i due inquilini non brillano per qualità tecniche. 

L’impresa diventa ancor più ardua quando l’antagonista si comporta come il Verona, composto quasi interamente da forzuti gendarmi, avvezzi al fallo sistematico: un colpo al polpaccio qui, una spinta vistosa là, tanto per interrompere le trame altrui. Solo una volta, verso l’intervallo, si è registrata un’entrataccia da arancione (punita con il cartellino giallo), ma quell’atteggiamento ostruzionistico, abbinato ad un’energia pazzesca nei contrasti e ad un dominio assoluto nel gioco aereo, avrebbe disarmato compagini anche più ferrate di quella del Gila.

Complimenti sinceri a mister Zanetti e ancor più al diesse Sogliano (figlio d’arte ed ex rossoblù), che con un portafoglio completamente vuoto ha costruito un altro capolavoro pescando carneadi assoluti, tutti o quasi alquanto redditizi. Il Genoa invece rigurgita di nomi notissimi, che hanno un anno in più all’anagrafe e si portano appresso lacune già conosciute e forse incolmabili. Al Verona è bastato un quarto d’ora scarso di intraprendenza ad inizio ripresa per sbancare il Ferraris. Il primo gol è scaturito da un’azione sulla sinistra, quella presidiata da De Winter, che già nei minuti precedenti aveva combinato due pasticciacci: a centro area, Gollini completerà la frittata con un’uscita rivedibile. E che dire della manata di Thorsby in piena area, punita con il rigore targato condanna?

Nessun dramma, intendiamoci: ci può stare qualche smagliatura difensiva e persino una sconfitta non preventiata. Non è tollerabile, invece, l’assenteismo spinto degli avanti genoani ( i due titolari ma anche il subentrante Ekuban), mai pervenuti nei pressi di Montipò. E l’inserimento, nel finale, del minorenne Ekhator e del ventenne enfant du pays Accornero, un trottolino senza troppi centimetri né chili, va letto come un segno di resa da parte del tecnico, che nella conferenza pre-gara aveva tirato una stilettata alla società, incapace di dotarlo di un esterno sinistro di ricambio e di un difensore centrale in più, dopo avergli rifilato, in prestito secco un Miretti ancora ai box causa infortunio.

                       PIERLUIGI GAMBINO

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