Aprile 15, 2025

Difensori sugli scudi ma gli altri parevano in vacanza

Il Genoa si affida a Vieira per rilanciarsi in classifica

“Prendi il punto e scappa”. Come meglio definire la partita del Genoa al Bentegodi? La speranza è che i duemila tifosi al seguito abbiano ammirato i monumenti della città di Giulietta, perché nell’arena calcistica non si sono certamente divertiti e avranno  rimpianto le tre ore abbondanti di viaggio.

Del Grifone si ricorda una conclusione di Vitinha nel primo tempo più somigliante ad una telefonata che ad un tiro autentico, Poi basta sino al triplice fischio conclusivo. E se la penuria di tentativi operati due settimane fa  a Torino era almeno giustificata dalla forza della Juve, stavolta non ci sono attenuanti che tengano.I rossoblù se la sono cavicchiata senza infamia e senza lode sino all’intervallo, in un confronto che appariva di fine stagione, tra due squadre che badavano soprattutto a non farsi male. Sul notes della cronaca, appare scritta solo l’incursione finale del colosso Mosquera che, vinto un contrasto aereo con De Winter, ha potuto sparacchiare da centro area, con Leali, portiere ospite, lesto ad allungare una gamba e a deviare.

Il resto? Noia, tanta noia, con un Genoa che è vissuto sulla verve di Vitinha, bramoso di mettersi in mostra dopo mesi di panchina. Pur piazzato a sinistra (cioé fuori posizione), il lusitano si è concesso qualche spunto vivace, ma senza rendersi pericoloso. E i compagni? Traccheggio sterile, con Badelj sempre più declinante, Miretti bersagliato da calci spesso proditori, Masini non brillantissimo: quanto si è avvertita l’assenza dello squalificato Frendrup! In avanti Zanoli si è visto raramente e Pinamonti ha confermato una crescente involuzione: nell’arco del match avrà toccato sì e no cinque palloni, facendola da spettatore.

Il pareggio parziale era la summa di una partita sciapa, dominata dalla paura e anche dai liiti tecnici di un Verona gagliardo sui palloni alti e robusto nei tackle ma incapace di produrre gioco. Tra i rossoblù è emersa una pecca endemica: la carente fisicità.

Il secondo tempo si è snodato secondo uno spartito ben differente, L’Hellas, forse incoraggiato dalla mollezza del Genoa, ha guadagnato campo si è tenuto stretto il pallone. Nulla di trascendentale, ma Leali ha dovuto sbrigare parecchio lavoro rischiando più di una volta di capitolare. L’hanno salvato l’inconsistenza degli avanti scaligeri, fisicaente strutturati ma dal repertorio assai ridotto, e la pregevole opposizione deli suoi difensori, more solito attenti, tonici e rapidi nelle chiusure: a conferma che in retrovia si può sempre dormire sonni tranquilli.

Dal centrocampo in avanti è stato un pianto. Vieira all’ora di gioco ha calato tre carte in contemporanea – Messias, Onana ed Ekuban – sperando in un risveglio generale, ma la situazione, se possibile, è addirittura peggiorata. Appena la palla usciva dall’area ospite e giungeva verso metà campo, tornava indietro come fosse un boomerang. Innumerevoli i palloni persi da un Onana assai greve, ma anche Masini spariva dal contesto e il trio avanzato beccava rarissimi palloni e li perdeva immediatamente. Pur considerando che il Verona necessitava maggiormente di punti, una latitanza così diffusa è stata inconcepibile e inaccettabile. Un avversario dotato diun briciolo di tecnica in più e di un attaccante presentabile non avrebbe lasciato scampo a questo Genoa tornato a soffrire come ai tempi bui di Gilardino. Che il successo sull’Udinese abbia mentalmente spedito in vacanza anticipata almeno mezza squadra? Forse è un’analisi troppo severa, ma il sospetto è legittimo.

Comunque, osserviamo il bicchiere mezzo pieno. Se neppure stavolta è crollata limbattibilità di Vieira contro le provinciali, significa che dietro il vestito di una prestazione a tratti sconcertante c’è parecchia sostanza, come d’altra parte testifica una classifica che resta alquanto lusinghiera.

                      PIERLUIGI GAMBINO

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