Gennaio 18, 2025

Allarme, questa Samp si è sciolta e sta precipitando

Semplici

Sampdoria

Da crisetta a crisi nerissima. La Samp sta dirigendosi a grandi falcate verso il baratro e invece di offrire – al di là dei risultato – qualche segno di speranza mostra il lato peggiore di se stessa. Un Cesena non certo trascendentale e reduce da un momentaccio e da un lungo digiuno offensivo sbanca il Ferraris con pienissimo merito incidendo nella carne viva di un undici che ha espresso per un quarto d’ora un calcio dignitoso per poi spegnersi progressivamente sino a sparire dal campo. Encefalogranna piatto, quello dei blucerchiati, che dopo essersi guadagnati con merito il vantaggio nei primi minuti  non riusciranno più a scoccare una sola conclusione verso il portiere Klinsmann.

Un pianto greco: tanto che il popolo doriano al fischio finale, al di là di qualche scontato slogan, ha accolto l’ennesima sconfitta senza rabbia, quasi con rassegnazione.

E dire che l’avvio aveva fatto pensare finalmente ad una guarigione. Per una decina abbondante di minuti la Samp è stata padrona del campo, passando a condurre grazie alla genialità di Coda – more solito il meno peggio – il cui cross dalla sinistra è planato sulla crapa di Riccio: primo tentativo disinnescato dal numero uno ospite, ma sul successivo tap-in palla nell’angolo più lontano e un boato di sollievo, come una liberazione, degli intirizziti ospiti marassini.

Il più pareva fatto. Purtroppo, un fuoco fatuo. Pedrola, finalmente in campo dal primo minuto, ne azzeccava poche, Akinsanmiro subiva qualche colpo proibito ma non era concreto e i centrocampisti mostravano subito una lentezza esasperante.

Il Cesena è modesto, ma conosce le verticalizzazioni e ha presto capito che il punto debole del Doria stazionava a sinistra, dove Beruatto, il primo degli acquisti invernali, veniva spesso preso d’infilata e non riusciva ad arrestare l’onda bianca. Ineluttabile, alla mezzora, il pari ospite, scaturito proprio in quel versante debole: incursione di Ciofi e passaggio laterale verso l’accorrente Antonucci, che scaricava verso il secondo palo, con Ghidotti tuffatosi in ritardo. Ma quanta libertà hanno goduto gli avanti romagnoli! 

Dopo un brivido procurato da Tavsan (inzuccata alta di un soffio), si andava al riposo con la sensazione che senza una svolta perentoria  la Samp avrebbe rischiato la seconda capitolazione.

Ripresa al via senza novità in formazione ed un’altra fase di black-out tra i blucerchiati. D’altronde, Yepes non è apparso in gran serata, Bellemo non brilla mai nella costruzione, gli esterni faticano (con Venuti peggio anche di Beruatto) e lo stesso Meulensteen, centrocampista aggiunto, non ha il cambio di marcia. La manovra doriana si è snodata noiosissima oltreché imprecisa e velleitaria. Il Cesena, abile a controllare il match senza sforzi, al 62′ perfezionava il sorpasso grazie al suo giocatore più talentuoso, l’italo-albanese Shpendi, che sulla destra (la solita fascia…) si è destreggiato e ha offerto in mezzo a Donnarumma la palla del 2-1, ottenuto con un angolatissimo rasoterra. Nei paraggi non c’erano altri cesenati, ma l’unico ha potuto mirare senza opposizione.

In mezzora si poteva ribaltare la situazione, ma non con una Samp in formato ectoplasma. E un altro bruttissimo segnale è stato l’infortunio di Tutino, appena entrato al pari di Ioannou con l’esclusione del decantato Pedrola e di Beruatto, tra i peggiori. Che scena triste l’ex cosentino seriamente infortunato alla caviglia e portato fuori a braccia.

Semplici, al 68′, oltre ad immettere Sekulov per Gennaro, ha sacrificato Yepes, incapace di costruire gioco, inserendo l’ennesimo attaccante, Niang, che coi nuovi compagni aveva svolto un solo allenamento. L’ex milanista proverà un paio di volte a far pesare muscoli ed esperienza, ma senza ricevere il minimo supporto. Impotente, anonima, priva anche di orgoglio, la Samp non riuscirà  sino al fischio finale, a produrre neppure un traversone: figuriamoci un tiro. La luce però si era già spenta prima del 2-1. E il buio pesto, così prolungato, insinua incubi terribili.

                        PIERLUIGI GAMBINO

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