Un punto di rabbia ma il Genoa è ancora un malato grave
Un punto che ne vale tre, un pazzesco sospirone di sollievo, due lampi nel buio di un’altra prestazione senza capo né coda. Il Genoa si aggrappa all’ultimo gavitello rimasto, Andrea Pinamonti, che per 73 minuti si era soltanto attirato le urla e le protestte di una tifoseria esaperata. Lui è fatto così: la fa da spettatore e poi, improvvisamente, si scuote e decide le sorti del match. Nella prima circostanza, si è avvalso della preziosa collborazione del difensore bolognese Casale, ma anche di un passaggio felice da parte del baby Ekhator. Nella seconda, invece, ha fatto tutto lui: ben calciata da Martin quella punizione dall’out mancino, ma è stata strepitosa la sua inucccata, da distanza ragguardevole, telecomandata verso l’incrocio.
Due gol che non risolvono alcun problema di classifica e non guariscono una squadra ancora in stato comatoso, ma se non altro servono ad allontanare lo petto di una discesa inarrestabile. Il pari è il premio per l’unico qualità che il Grifone attuale può squadernare, la vis agonistica: nel segno di una tradizione he si perpetua nei decenni. Va benissimo così, e pazienza se sottoil vestito di questa clamorosa rimonta non si scorge alcun motivo plausibile di ottimismo.
Il primo tempo è stato di una bruttezza disarmante. Indubbio che le assenze di titolari del calibro di Malinovskyi, Messias, Bani, Badelj (lasciato prudenialmente in panca), Gollini e Vitinha avevano costretto Gilardino ad acrobazie assolute, ma anche lui ha contribuito, con certe scelte cervellotiche, a varare un undici che probabilmente, se catapultato in serie B, non potrebbe neppure competere per i playoff. Eppoi, more solito, la classica difesa a tre, in spregio alle voci della vigilia,che laciavano immaginare una metamorfosi tattica.
Sse escludiamo il portiere Leali e i soliti Vasquez, Fredrup (recuperato in extremis) e Sabelli, nessun genoano si è avvicinato alla sufficienza, con punte di assoluta negatività in Mercandalli, pasticcione in quasiasi disimpegno, e soprattutto in Miretti, che non ne ha azzeccata una e in ogni contrastiosi è sbriciolato come un grissino. Un Grifone succube d iun Bologna decimato dagli infortuni e con la mente già protesa alla Champions: squadra tutt’altro che trascendentale. Leali ha dovuto superarsi in tre circostanze prima di beccare un gol (conclusione normalissima di Orsolini deviata dal malcpitto Vasquez) che è un condensato di jella. Ma, al di là degli episodi di cronaca, i rossoblù di casa sono stati lungamente compressi nella propria metà campo, vittime anche delle opzioni assurde di Gilardino, che aveva piazzato sulla fascia destra il ripescato Melegoni, che non è un esterno, e a supporto di Pinamonti l’evanescente Thorsby, tutto meno che un attaccante. Trsparente il proposito di portare a casa lo 0-0, evidentmente reputato (forse non a torto) il massimo degli obiettivi di giornata: e chissà che, senza quel colpo del destino,il primo tempo non si sarebbe chiuso senza danni.
Il Bologna trovava il raddoppio in avvio di ripresa con una rasoiata in mischia di Odgaard finita proprio nell’angolino, proprio quando Sabelli e C. stavano finalmente entrando in partita. Lo 0-2 sembrava un sesto grado superiore da scalare, ma i cambi operati dal biellese (fuori il frastornato Mercandalli e l’improponibile Melegoni e dentro Norton-Cuffy ed Ekhator) un briciolo di vivacità e sostanza in più l’avevano apportata. A metà tempo, altre due mosse disperate: il giovane Masini sistemato a destra e Zanoli alle sue spalle: tanto, peggio dei predeessori non avrebbero potuto comportarsi. E qui sorge l’eterno dilemma: è stato bravo Gila ad azzeccare i cambi o – come noi pensiamo – aveva invece schierato un formazione iniziale da mani nei capelli?
Beninteso, neppure nella mezzora finale si si è visto un Genoa scintillante ma decoroso sì, in cui tutti brillavano per dinamismo e rabbia. Norton-Cuffy, pur impiegato a sinistra (è un destro naturale) ha superato a pieni voti l’esame e il minorenne Ekhator non è andato malaccio. Certo, ci ha messo del suo anche mister Italiano, incapace di puntellare la fase difensiva del Bologna e autolesionista al punto da accettare in retrovia le marcature uno contro uno, ma il Grifo ha saputo approfittare di certi sbandamenti, e va riconosciuto.
Siamo onesti: poteva andare peggio, e molti di noi sabato mttina avremmo firmato coi gomiti un equo verdetto. Gila è salvo, per il prossimo match recupererà qualche pezzo da novanta e – chissà – potrebbe trovarsi infiocchettato un regalo speciale, Marione, da lui ripetutamente invocato. Non basta un brodino per sentirsi la pancia piena, ma accontentiamoci.
PIERLUIGI GAMBINO